Sono stati uccisi 50 ragazzi. C’è stata una strage. Ancora. Tra le tante. Sono morte delle persone per una scelta altrui.
Siamo sommersi da fatti di cronaca devastanti, dove ci troviamo a dare giudizi o scrivere sentenze su cosa sia giusto o sbagliato fare. Su cosa si poteva evitare.
Guardo i volti dei 50 ragazzi uccisi ad Orlando e piango. Come ho pianto di fronte a quelli delle donne uccise da mariti impazziti o a quelli di uomini distrutti da qualcuno di fidato.
Ho versato migliaia di lacrime di fronte a tante, tantissime foto di persone trucidate da un’ira improvvisa, una cattiveria impazzita, una vendetta premeditata.
Piango per il dolore di fronte all’odio. Di fronte alla scelta di prendere possesso di qualcosa che non ci appartiene, di qualcosa di così sacro come la vita, e decidere di annientarla, come se ne avessimo il diritto. Come se esistesse davvero una motivazione qualunque che giustifichi un gesto tale.
Oggi provo questa sensazione, ma le immagini che scorro sono quelle di tutti noi che commentiamo duramente gli episodi di cronaca sconfortanti.
Penso al nostro indignarci sulla possibilità di possedere una pistola liberamente e al non renderci conto che queste armi le abbiamo anche noi e le usiamo. Spesso e senza pensare.
Uccidere vuol dire togliere la vita ad un individuo. Impedirgli di portare a compimento le sue scelte e il suo scopo qui sulla terra. Decidere per il suo destino. Strappargli la possibilità di esaudire i sogni che ha.
Non posso fermare questi gesti terribili anche se vorrei, non posso consolare tutte le famiglie distrutte da queste tragedie, ma posso pensare a ciò che ho il potere di cambiare. E sicuramente ho piena decisione su me stessa e le azioni che compio.
Tutti noi abbiamo questo potere.
Quindi piango perché siamo degli assassini.
Uccidiamo spesso con le parole, con i gesti, con l’egoismo, con la superbia.
Penso tutti quei momenti in cui diciamo o facciamo qualcosa che distrugge psicologicamente e fisicamente un’altra persona, fino a portarla a perdere vitalità, a non saper più scegliere né sognare. A non vivere e, talvolta, a farle rivolgere quella pistola contro se stessa.
Non è una metafora.
Le ferite che infondiamo portano a morire esattamente come quelle che sommergono di sangue.
50 ragazzi sono morti. Per scelta altrui.
Troppo spesso ci prendiamo il diritto di scegliere il destino di qualcuno giustificati dal fatto che ancora biologicamente respira.
Io oggi scelgo di non uccidere più nessuno, per non dover piangere, la prossima volta sui volti di amici rinchiusi in casa, conoscenti ridotti a vegetali da una disperata depressione, persone che, sentendosi morire, guarderanno la mia foto per imprecare od osservare chi ha tolto loro la vita vera.
50 boys were killed. There was a massacre. Again. Among the many. People are dead for a people’s choice.