Lettera ai miei studenti
Ciao ragazzi,
vi scrivo questa lettera per salutarvi e ringraziarvi.
Abbiamo condiviso insieme molte ore, risate, sfide, testi, date, pensieri.
Insieme abbiamo imparato. Molto. Spero.
Ma non troppo.
Non si impara mai troppo e non si smette mai di farlo.
Però per imparare bene si deve volerlo.
Un po’ come crescere: non possiamo impedire di diventare grandi, ma possiamo decidere se lasciare che sia il tempo a fare tutto o se scegliere noi come cambiare.
Vi lascio 3 piccoli consigli che sento di darvi. 3 come il numero di Dante che vi è piaciuto tanto:
Quando abbiamo piantato i semini insieme vi ho ricordato quanto sia importante dargli acqua ogni giorno, almeno un po’. E quando abbiamo letto dei testi in classe vi ho detto quanto sia necessario farlo spesso. Anche se siete stanchi, anche se non vi va, anche se a volte sembra difficile o non capite il perché.
Anche se vi sembra che la piantina sia alta uguale da giorni o che di quelle parole non vi rimanga niente. Ricordatevi delle gomme che masticate in automatico, senza pensare, ma che vi lasciano comunque un po’ di menta in bocca.
Anche se neanche ve ne accorgete.
Studiate, curiosate, imparate ogni giorno, finché non vi renderete più conto di farlo.
Perché sarà un’abitudine di tutti i giorni che in silenzio vi riempie, vi stupisce, vi fa fiorire.
A volte, di fronte a tante date, termini difficili, poesie strane, personaggi e concetti, vi siete spaventati.
“Leggo la parafrasi perché il testo originale è troppo difficile”. “Studio le slides perché il libro è troppo lungo”. “Non so raccontare bene le cose”. “Non so scrivere un tema di fantasia”. “Non so interpretare un testo teatrale”.
Pensate all’aragosta, un animale raro e prezioso, come voi.
Vive e cresce dentro a un guscio che la protegge. Finché arriva a un punto in cui quel guscio non le basta più. Le va stretto. Allora si mette in un angolino, dietro a un sasso, dove i predatori non la possono vedere, dove si sente al sicuro, e si toglie quella corazza troppo piccola.
Potrebbe resistere e sopportare, ma non crescerebbe mai.
Oppure potrebbe restare nascosta per tutta la vita e diventare adulta al riparo della roccia, ma non si godrebbe mai il mondo che la circonda.
Invece si mette all’opera, pazientemente e costruisce una corazza nuova. Più grande e resistente. E fa così spesso nella sua vita. E ogni volta è più forte di quella precedente.
Ecco, le conoscenze e le abilità che avete a un certo punto non vi basteranno per prendere un bel voto, per fare un’attività, per sentirvi a vostro agio in classe. Potreste scegliere una scuola più semplice, copiare di nascosto, accontentarvi del voto più basso, ma non vi godreste una parte di mondo, di soddisfazione.
Non accontentatevi del guscio piccolo e non restate nel posto in cui vi sentite al sicuro, tra testi semplici e riflessioni banali.
Costruitevi una corazza più grande con un po’ di pazienza, imparate parole nuove, allenate la memoria, rispondete ai vostri perché.
E ne uscirete più sicuri. Quei predatori che prima vi facevano paura diventeranno piccoli piccoli in confronto a voi. Verifiche, compiti, compagni e professori.
In questi mesi vi ho visti stare in silenzio per ore e ridere nervosamente, arrabbiarvi per piccole cose e prendere tutto con leggerezza, parlare troppo e troppo poco, rispondere impulsivamente e chiudervi in voi stessi, non chiedervi il perché di un comportamento di un genitore, un’insegnante, una compagna, il ragazzo che vi piace e chiedervelo troppo spesso, fino ad andare in confusione, prendere appunti come se fosse un dettato e non scrivere niente perché si deve ascoltare.
Ho visto ognuno di voi affrontare le cose come è solito fare. Come è tipico del suo carattere, delle sue idee, delle sue convinzioni.
Avete reagito alle stesse situazioni in modi completamente diversi, a volte opposti.
Non ce n’è uno giusto e uno sbagliato in generale, ma è importante capire quello adatto al momento, è importante confrontarsi e ricordarsi che ciò che andava bene un giorno può non essere giusto il giorno dopo.
Che a volte non possiamo cambiare le cose, ma possiamo sempre cambiare tecnica. Punto di vista.
C’era una volta un asino che stava camminando per strada quando si trovò di fronte a un grosso tronco.
Decise di provare a spostarlo, quindi iniziò a spingerlo con la testa, ma il tronco non si muoveva. Provò ancora, ma niente. Continuò per più di un’ora senza avere risultati. Piano piano iniziò ad arrabbiarsi perché ciò che faceva non serviva a niente. Si innervosì sempre di più e dette testate sempre più forti e sempre più veloci.
Così tanto che alla fine la sua testa si ruppe in mille pezzi.
E il grande ostacolo di legno era ancora lì.
Forse, se l’asinello avesse provato a fare qualcosa di diverso dopo i primi tentativi falliti, se avesse per esempio provato a scavalcare il tronco, le cose sarebbero andate diversamente.
Osservate i genitori, gli amici, i professori, i compagni, chiunque è diverso da voi e prendetene il meglio.
Cambiate modo di studiare se uno non funziona.
Sperimentate.
E fatelo con entusiasmo che quando sorridete siete tutti più belli!
Grazie di avermi accompagnata nell’Inferno di Dante, a cucinare la gru con Chichibio, a osservare Laura dai capelli d’oro, a conoscere Iqbal e Rosa Parks.
Nella Reggia puzzolente di Versailles e il mucchio di letame della defenestrazione di Praga. Sulle caravelle di Cristoforo Colombo e tra i medici mascherati durante la peste.
Tra i fiordi della Norvegia, il ponte di Londra e il monte Olimpo.
Un abbraccio grande,
la prof. Chiara Cuminatto